Il termine GIOCO deriva dal latino iŏcu(m) ‘scherzo, facezia’, infatti nel linguaggio corrente la parola "gioco" indica un'attività fittizia che fornisce piacere e benessere. Chi di noi da piccoli non aveva un gioco preferito? Ogni bambino, infatti, sceglie un gioco sulla base dell’interesse individuale. Schiller, poeta e filosofo tedesco sosteneva “l'uomo è pienamente tale solo quando gioca" giacché si ritrova e si conosce, riesce a liberare la propria mente da contaminazioni estranee, scarica le proprie emozioni e l’istinto.
Per i bambini il gioco è l’occupazione basilare in quanto attraverso questa attività scoprono, senza saperlo, nuove soluzioni di adattamento all’ambiente, inoltre, è considerato tra i principali strumenti per la formazione dell’uomo più di tutto nell’infanzia e adolescenza. Il gioco per il bambino è magia, è entrare in contatto con un luogo agevolato in cui apprende comportamenti specifici (pensiamo al gioco del far finta di). Secondo Melanie Klein, psicanalista austriaca, il gioco è il luogo in cui il bambino esprime le sue fantasie, i suoi desideri e anche le esperienze reali in maniera simbolica.
Il gioco lega le attività sensoriali a quelle motorie, cognitive e socio-emotive offrendo le basi affinché il cervello si sviluppi al meglio. Secondo Maria Montessori, medico e pedagogista Italiano, il gioco è vitale per sviluppare competenze e capacità, come la creatività, la capacità di risoluzione dei problemi, le abilità sociali, le competenze linguistiche, le abilità fisiche, l’adattamento socia-le, la rielaborazione del mondo emotivo…
I giocattoli possono essere gli strumenti attraverso cui il gioco diventi mediatore tra il bambino e il mondo esterno perché attraverso questi strumenti imparano a conoscere se stessi, gli altri e l’ambiente. I giocattoli insegna-no ai bambini a capire come funzionano le cose (se pensiamo alle costruzioni), potenziano il controllo muscolare e la forza (se pensiamo al carrello, alla corda, alla palla, ai giochi all’aria aperta), aiutano il bambino ad usare l’immaginazione, la collaborazione con gli altri e cosi via…
I tempi sono cambiati e di conseguenza le abitudini e le modalità di gioco. I nostri bambini, figli dell’era digitale (cellulari, tablet, smartphone) sperimentano il “passatempo passivo” interagendo con una tastiera, un touch screen. Questo priva i bambini di un tempo che può essere arricchito dal gioco fatto “insieme ad altri bambini” conducendoli però verso “un passa-tempo individuale”, piuttosto che verso l’interazione sociale.
Il bambino fin dalla nascita sperimenta il gioco e attraversa più fasi:
- Gioco manipolativo e senso-motorio (afferrare un oggetto, manipolarlo, portarlo alla bocca per esplorarlo, poi guardarlo…)
- Gioco funzionale (il gioco è usato secondo la funzione reale, esempio dare la pappa alla bambola..)
- Gioco simbolico che presuppone un'imitazione differita (correre sopra un cavallo) e delle combinazioni mentali (usare il manico di scopa al posto del cavallo).
- Gioco sociale (gioco di regole, turni…)
L'esperienza del gioco insegna al bambino ad esse-re perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore.
Offrire ai bambini opportunità ludiche orientate a finalità educative è molto importante. Le nuove tecnologie non vanno certo diffamate, ma se il loro impiego diviene un’alternativa ai giochi tradizionali e alla relazione con i coetanei, l’uso prolungato di tali strumenti ha effetti sulle capacità e le abilità che propriamente s’imparano con il gioco libero.
E’ importante offrire una corretta informazione ai genitori sull’uso di dispositivi elettronici nell’infanzia. Cosa si fa allora? Proteggiamo i bambini in una campana di vetro così la tecno-logia non contamini lo sviluppo globale del bambino? Certa-mente no, non è questa la soluzione! Ma se il genitore è un genitore che sorregge, con esempi e regole, il corretto accostarsi alle nuove tecnologie e il fatto di non usarli per distrarre o farli stare buoni, può essere positivo per un corretto approccio. Questi strumenti tecnologici attirano l’attenzione dei piccoli perché sono messaggeri di molti stimoli (luci, suoni, colori, immagini in movimento...) ma entro i tre anni un bambino non dovrebbe entrarvi in contatto perché a questa età il bambino sta imparando a entrare in relazione con il mondo e la vita reale. Porre il bambino davanti a un dispositivo che crea una “finta” relazione, è una realtà di cui non ha bisogno. I bambini devono esplorare, toccare, ascoltare, manipolare, sporcarsi, arrabbiarsi, quindi, entrare in relazione.
Una raccomandazione importante da fare ai genitori è di provare sempre le applicazioni di giochi per bambini e se proprio non se ne può fare a meno, quantomeno usarle insieme a loro, tenendo in considerazione l’effetto che hanno sullo sviluppo delle abilità cognitive e sulla capacità di autoregolare le emozioni. A sei o sette anni, il gioco sul tablet può essere concesso insieme a mamma e papà. E’ fondamentale decidere in famiglia i tempi per l’utilizzo di dispositivi elettronici, vietandone l’utilizzo negli altri mo-menti (durante i pasti, pausa compiti…) ed essere inflessibili.
I bambini devono avere a disposizione giochi tradizionali, costruzioni, fogli per disegnare, colori, pasta pongo, incastri, libri per l’infanzia e garantire uno spazio speciale con i genitori ogni giorno per il dialogo o la condivisione. E’ fondamentale educare i bambini a un apprendimento esperienziale attraverso l'azione (il gioco) e la sperimentazione di situazioni, ruoli in cui il soggetto è protagonista attivo nel mettere in gioco le proprie risorse. In questo modo il bambino sviluppa comporta-menti adattivi, l'esperienza, così acquisita, diviene patrimonio di conoscenza del soggetto e diverrà il nuovo punto di partenza di successive evoluzioni.