Se immaginassimo una classifica delle preoccupazioni che accomunano i genitori, l’apprensione per l’ingresso del proprio figlio alla scuola primaria è tra i primi posti. Molto frequente tra i genitori è preoccuparsi di come il bambino reagirà il primo giorno di scuola, se s’inserirà bene nel nuovo gruppo, se riuscirà a sostenere i nuovi ritmi, se imparerà a scrivere e leggere come tutti o se avrà qualche difficoltà… preoccupazioni legittime per ogni genitore. La scuola per alcuni bambini è vissuta con naturalezza e serenità che assumono con gioia la nuova identità di scolaro, ci sono, poi, bambini che tra tira e molla riescono sufficientemente e altri ancora, che per svariati motivi, sperimentano l’insuccesso scolastico facendo risuonare nei genitori un campanello d’allarme.
E se provassimo per un momento a ri-metterci nei loro panni? In effetti, imparare una quantità enorme di nozioni “nuove”, scrivere, leggere, far di conto, seguire le regole, stare composti, memorizzare, mantenere un ordine sul quaderno, ascoltare... Tutto questo è una gran fatica! A maggior ragione se fino a ieri il mio più grande e faticoso lavoro era….GIOCARE! Tutte le nuove attività della scuola hanno bisogno di un tempo “soggettivo” prima di essere interiorizzate dal bambino.
L’apprendimento, in effetti, è un processo che vede le potenzialità della persona definirsi progressivamente in nuove capacità a risolvere problemi, inoltre l’apprendimento è paragonabile a qualcosa che nella vita di tutti i giorni ci spinge ad agire in base agli obiettivi che ognuno di noi si prefigge. Per apprendimento s’intende solo quello scolastico?
Si possono distinguere:
- Apprendimenti “naturali” come per esempio quello motorio e il linguaggio. Questi si sviluppano spontaneamente quando ha avuto luogo la maturazione biologica e i fattori emotivo-motivazionali.
- Apprendimenti scolastici sono quelli in cui occorrono stimoli specifici attraverso i quali saranno possibili gli apprendimenti di compitazione, di lettura, scrittura e del calcolo.
Quest’ultimo è’ un processo psichico molto complesso, dove entrano in gioco tante facoltà simultaneamente: l’immaginazione, la percezione, la memoria e fissazione, la motivazione, le attese degli altri, l’abilità di elaborazione del dato, la percezione spazio-temporale...e chi più ne ha più ne metta. Non è un giochetto da ragazzi insomma! Per questo non tutti gli scolari vivono allo stesso modo l’esperienza della scuola, perché ognuno di noi ha un tempo soggettivo. Il rendimento scolastico è il tema su cui poggia la prevalenza di conflitti tra genitori e figli in quanto i punti di vista dei soggetti sono completamente diversi.
Un genitore si preoccupa del rendimento scolastico del figlio perché è mosso dall’apprensione per il suo futuro, ma il bambino non ha coscienza di questo concetto tanto a cuore nel genitore. Per il bambino futuro significherà domani o al massimo tra qualche giorno. Dal momento in cui il bambino non ha capacità di concettualizzare il futuro nei termini di cui parlano i genitori, per lui il presente ha un valore unico. Il bambino non è assolutamente preoccupato per il futuro, per lui ha importanza ciò che succede a scuola giorno per giorno poiché è questo l’ambiente in cui concepisce la sua vita fatta sì, dai compiti, ma anche dalle relazioni con i compagni, di come emerge nel gruppo in altri termini la sua vita emotiva e affettiva interiore, il rapporto con i genitori, con fratelli…
E’ tipico di ogni tempo storico che un bambino che va bene a scuola riceve molte ricompense dai genitori, dai compagni che vogliono fare i compiti con lui, dalle maestre che lo elogiano a modello. Un bambino che ha le abilità, ma non va bene a scuola ha sicuramente dei motivi che spiegano il suo fallimento, motivi più schiaccianti della voglia di ottenere tante gratificazioni. Ricordiamo che non esiste un bambino che va a scuola per essere promotore di negatività per se stesso. Un bambino che va a scuola è comunque spinto da una forte intenzionalità nonostante i risultati dimostrino di “non saper fare”. Ma quali sono i fattori che possono influire nel rendimento scolastico?
L’apprendimento, nella sua complessità, è una funzione globale della personalità giacché si attivano, non solo, meccanismi neuro-sensoriali e psichici, cognitivi, ma anche affettivi e motivazionali. Quando non si è alla presenza di un problema di tipo neurologico la scarsa abilità ad apprendere può derivare da:
- FATTORI AMBIENTALI (socio-affettivo): scarsa velocità di esecuzione, sfiducia nel riuscire, poca disponibilità a prestare attenzione, inadeguata coscienza di sé, insicurezza, basso livello di tolleranza alle frustrazioni.
- FATTORI PERSONALI DEL SOGGETTO: disordini sulla lateralità, difficoltà nella coordinazione e nell’equilibrio, mal destrezza, difficoltà nell’organizzazione spaziale, immaturità nell’autonomia…
Qui entra in gioco il lavoro più importante che tocca alle maestre della scuola dell’infanzia, in altre parole quello di lavorare attraverso le attività ludiche sui fattori che pre-cedono la scuola primaria. A volte l’atteggiamento di un genitore di fronte a situazioni di scarso rendimento scolastico del figlio è di arrabbiarsi ma questo è anche il modo più comune di affrontare una situazione in cui si è coinvolti emotivamente.
E’ perciò consigliabile prendersi il tempo per osservare i segnali che arrivano, parlare con le insegnanti, evitare gli atteggiamenti punitivi, cercare il dialogo con i figli, non escludere il confronto con uno specialista se questo ci può far stare più tranquilli o è suggerito dalla scuola. Quando abbiamo un problema, grande o piccolo che sia, la nostra visuale si restringe e spesso si focalizza solo sulle questioni irrisolte, quindi sul problema anziché sulle risorse che abbiamo a disposizione per affrontarlo. Ricordiamoci che i bambini sono naturalmente curiosi verso le novità ed è quindi importante lasciare loro il tempo di ambientarsi e scoprirsi, senza avere nei loro confronti aspettative troppo alte.