STUDIO DI PEDAGOGIA CLINICA

Dott.ssa Sara Cundari

Pedagogista, Pedagogista Clinico

Professionista disciplinato ai sensi della legge 4/2013. 

Iscritta nell’elenco ANPEC n.4628 e nell'elenco dei Pedagogisti SINPE n.2928

 

Educazione

Suggestioni Pedagogiche nell'oggi del "resto a casa"

Solo qualche settimana fa, ci sembrava impossibile rallentare il passo, presi dai mille impegni e dalle mille attività e faccende quotidiane. Ci sembrava impossibile poter cogliere la bellezza della presenza dell’istante e la bellezza dello “stare” nell’istante. Ci sembrava anche inopportuno “prendersi” del tempo per se stessi come se dovevamo poi ripagarlo a caro prezzo. Poi è giunta la pandemia e l’emergenza sanitaria mondiale causata dal Covid-19 ci ha obbligato ad arrestarci e a rallentare i ritmi produttivi, sociali e personali. In tutto il mondo, ed a noi italiani a seguito delle direttive ministeriali e delle precauzioni sanitarie è stato chiesto di “rimanere a casa”. È così che ci siamo ritrovati in casa e come noi anche i nostri bambini. Siamo di fronte all’esigenza, da genitori, di riorganizzarci per esperire le diverse funzioni che ci vengono richieste, in primis quelle di educare i nostri figli.

Oggi, ci sembra meno “complessa” quella, per dirla con le parole del Prof. Zavalloni, Pedagogia della lumaca nel rispetto dei tempi di apprendimento dei nostri bambini. In un articolo scritto qualche anno fa ponevo l’accento sull’importanza del “fare gioco” nell’era della tecnologia, era in cui sempre più bambini trascurano il gioco sociale a discapito del tempo o passatempo passivo che trascorrono davanti agli aggeggi elettronici, privati di un tempo che può essere arricchito dal gioco fatto “insieme con altri bambini” portandoli verso “un passatempo individuale”, piuttosto che verso l’inter-azione sociale. Questa epoca in cui “il fare sport” lo leggiamo in chiave di occupazione del tempo pomeridiano dei bambini perché si è così impegnati con il lavoro a tal punto da dover occupare il post-scuola con mille attività settimanali scandite da una corsa e l’altra. Eppure, nel medesimo momento, ci lamentiamo che

Lontana da giudizi e polemiche, preso atto del cambiamento della società, la Pedagogia da sempre si adopera, in qualità di scienza dell’uomo in fieri, a trovare soluzioni e supportare l’educazione guardando indubbiamente al futuro ma non tralasciando la linea del recupero di pratiche che, se da un lato, sembrano obsolete, dall’altro, possono aiutare a recuperare e potenziare tutti quei requisiti utili per l’apprendimento e perché no per evitare ciò che oggi definiamo le certificazioni facili, secondo le quali i nostri bambini sguazzano tra mille disturbi.

In questo delicato momento, ho sentito il bisogno di impugnare la penna con l’intenzione di sostenere i genitori attraverso spunti di riflessione da specialista in ambito educativo quale quello in cui opero. Le mamme e i papà si sentono disorientati e impotenti, i bambini, gli stessi che fino a poche settimane fa avrebbero fatto carte false per stare ore ed ore davanti al cellulare o al tablet, si ritrovano ad annoiarsi.

Nel mio lavoro, mi confronto soprattutto con le mamme, la maggior parte lamenta la difficoltà di far fare i compiti ai figli in casa. Gli insegnanti, in questo momento di emergenza lavorano con i bambini attraverso piattaforme on line o attraverso gruppi social dedicando il loro tempo alle spiegazioni degli argomenti didattici e assegnando dei compiti per far lavorare i bambini in esercitazione e autonomia dopo la lezione.

Mi viene chiesto dalle mamme: “Come faccio a far fare i compiti a mio figlio? È una gran fatica farlo stare seduto concentrato a studiare, è tutto normale? Per non parlare poi delle attività pomeridiane per riempire il tempo in casa, a un certo punto si annoiano.” Dopo confronti e riflessioni sono arrivata a una conclusione. Pensiamo a noi adulti: se dovessero chiederci di cambiare un’abitudine che abbiamo da anni nella nostra quotidianità quanto ci verrebbe difficile? Ecco! Per i bambini è la stessa cosa. In questo momento anche loro si sentono disorientati in una situazione nuova e nella quale percepiscono le nostre paure, le nostre preoccupazioni dettate dal momento ma soprattutto si trovano catapultati in una realtà di lentezza quotidiana della quale forse la maggior parte non ne aveva conoscenza.

Sento spesso in questi giorni parlare di privazione di libertà, molto semplicemente io la tradurrei come difficoltà ad occupare il tempo a disposizione perché non siamo più abituati a vivere con un ritmo lento secondo le nostre esigenze, ma rispondiamo alle esigenze che il mondo circostante ci impone. Quello che stiamo trascorrendo non è un tempo perso! A questo punto la domanda è diretta: cosa possiamo fare oggi per valorizzare la pratica educativa? Cosa vogliamo per i nostri figli? Se consideriamo l’etimologia latina del termine educazione ovvero ex-ducere ritroviamo la sua essenza. Ex-ducere significa tirare fuori ciò che è dentro e i bambini hanno tutte le potenzialità, sta a noi adulti il compito più arduo: esserne il tramite. Questo tempo che ci sembra inutile non lo è assolutamente. I bambini sono una mente assorbente e questa è scuola di vita! I nostri bambini in questa fase della storia stanno apprendendo delle virtù, nel senso stretto del termine, ovvero quella disposizione d'animo volta al bene e che porta una persona ad eccellere in qualcosa, un "modo perfetto d'essere", che in un tempo diverso da questo avrebbero acquisito con esperienze diverse.

La pedagogia ci insegna che si impara con il fare e i bambini loro stanno vivendo sulla loro pelle e stanno toccando con mano alcuni fondamentali apprendimenti che nella vita ci servono per diventare cittadino, quello che gli antichi Greci chiamavano Polites, il cittadino che possedeva diritti e doveri e viveva totalmente integrato nella città, con un forte senso di appartenenza alla comunità.

Cari Genitori, di seguito le mie suggestioni pedagogiche nell’oggi del “resto a casa”. Mi preme ricordare che in questo momento storico, i bambini stanno facendo esperienza del vivere.

  •  L’IMPREVEDIBILITA’ DELLA VITA Noi adulti sappiamo che la vita non è sempre programmabile, durante il percorso che ci prefissiamo ci si può trovare davanti a un cambio improvviso di direzione perché troviamo degli ostacoli che ci impongono di essere flessibili e resilienti. I bambini stanno vivendo questo momento, la loro routine quotidiana è stata stravolta e stanno imparando a reinventarsi e a trovare soluzioni diverse.
  • LA PRIVAZIONE DELLA LIBERTÀ PER IL BENE COMUNE E LA SOLIDARIETA’ Per libertà s'intende la condizione di un individuo che può decidere, pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni. E’ il bene più prezioso che possediamo, abbiamo il diritto di preservarlo e il dovere di non privarne il prossimo. La libertà è un dono che abbiamo dalla nascita e per questo motivo va a braccetto con il rispetto. Dovremmo guardare alla libertà non come semplice spostamento fisico (privazione che ci viene chiesta oggi) ma come qualcosa che appartiene al nostro io più profondo, amare, sentire, creare, percepire, sognare, essere autentici; è dentro noi stessi che siamo veramente liberi. Se partiamo da questo presupposto possiamo meglio comprendere che il sacrificio di rimanere a casa in questo momento di difficoltà è sinonimo di grande rispetto verso i nostri cari e il prossimo. E’ una bella cosa che i bambini possono imparare, non trovate?
  • L’ATTESA, LA PAZIENZA E LA SPERANZA Nel nostro “frettoloso modo” del “tutto e subito” ci si chiede spesso che fine abbia fatto la pazienza. Chiediamo ai bambini di avere pazienza ma non li aiutiamo a sperimentarla. I nostri bambini stanno sperimentando l’attesa e la pazienza di un momento che si spera passerà presto.
  • L’IMPORTANZA DELLE COSE CHE POSSEDIAMO I nostri bambini sono abituati ad essere ricoperti da molti oggetti ancora prima di desiderarli e quando le richieste non vengono soddisfatte sono travolti da un senso di insoddisfazione e frustrazione che non sanno come colmare. In questi giorni in casa chissà quanti giochi staranno riscoprendo! Giochi che non si ricordavano di avere. Stanno imparando a riutilizzare o usare in modo creativo ciò che già possedevano.
  • LA MULTIFUNZIONALITÀ DELLA TECNOLOGIA In questo momento di pausa forzata dalla scuola i bambini stanno sperimentando i diversi utilizzi della tecnologia. Il telefonino, il tablet, il pc non sono più solo strumento ludico di passatempo dove scaricare giochi e guardare video su youtube ma diventano strumenti di lavoro, pari ai libri e ai quaderni. Cambia la funzione della tecnologia per i bambini, bisogna però adattare il comportamento degli stessi di fronte ad uno schermo, quindi abituarsi all’attenzione e al non poter sospendere o cambiare schermata a piacimento. Educare al comportamento dell’alunno smart è importante!
  • L’IMPORTANZA DELLE PAROLE E DELLA VICINANZA FISICA I bambini, più di noi adulti, sanno quanto il contatto fisico, una carezza, un abbraccio possa far “guarire” o far “sparire la bua”. Rimanere a casa ci sta tenendo lontani dai nostri amici e dai nostri cari e questo i bambini lo percepiscono, ancor di più perché una videochiamata con i nonni non colma la mancanza di un abbraccio. In questo nuovo sperimentare, LA PAROLA diventa la cura. Masaru Emoto nel suo libro La risposta dell’acqua scriveva: In Giappone si ritiene che le parole abbiano un’anima. Si pensa che soltanto pronunciando le parole si abbia il potere di trasformare il mondo. Le parole influenzano in maniera molto forte la nostra coscienza. Scegliere un vocabolario consapevole fa emergere nuove potenzialità che ammettono di sperimentare esperienze nuove e appaganti sia interiormente che esteriormente e ci fa essere più ricettivi e ci fa trovare nuove soluzioni non considerate prima. Le parole ci connettono al mondo, la parola positiva in questo storico momento diventa conforto, sollievo, cura, vicinanza.

L'ORGANIZZAZIONE DELLA GIORNATA

Di fondamentale importanza in questo delicato momento è l’ORGANIZZAZIONE delle attività in casa. Evitare l’improvvisazione! La mattina o la sera programmate la giornata con le varie attività, è possibile anche creare un memory con la data e affiggerla sul frigo con le attività da fare comprese le ore dedicate alla scuola e quindi ai compiti. LA PROGETTUALITÀ DIVENTA SINONIMO DI SICUREZZA!

LE PAROLE CI
CONNETTONO
AL MONDO,
LA PAROLA POSITIVA
IN QUESTO STORICO
MOMENTO
DIVENTA CONFORTO,
SOLLIEVO, CURA,
VICINANZA.

A cura della dott.ssa Sara Cundari,
Pedagogista, Pedagogista Clinico®.

Mamma...Ho fatto di nuovo la pipì a letto!

E’ più comune di quanto si creda che i bambini facciano la pipì a letto, fa parte della fase di crescita. Questo fenomeno prende il nome di enuresi ovvero l’emissione involontaria di urina che si manifesta in maniera ripetuta, per frequenza e durata, in una persona che è indenne da affezioni urinarie e neurologiche responsabili. Circa il 15 % dei bambini, in prevalenza maschi, entro i 6 anni di età soffre di questa difficoltà, che può comparire in modo continuo (tutte le notti) o saltuario (2-3 volte a settimana) e che diminuisce gradualmente in percentuale, a mano a mano che ci si avvicina alla pubertà (Dizionario di Pedagogia Clinica, di Pesci G., Mani M. Edizione Scientifiche ISFAR, II edizione Giugno 2017).

L’età in cui il bambino ha raggiunto la maturità vescicale è intorno ai 5-6 anni, quindi prima di questa età è consigliabile aspettare e dare al bambino il tempo di maturare. L’emissione involontaria di urina può essere:

• PRIMARIA se il bambino, oltre i 4-5 anni, si bagna senza aver mai acquisito il controllo delle minzioni notturne (85% dei casi).

• SECONDARIA se il bambino, sempre dopo i 4-5 anni, ricomincia a bagnarsi, dopo aver raggiunto e mantenuto, per almeno 5-6 mesi, il controllo notturno della minzione (13% dei casi).

• MISTA in ragione delle ore in cui tale incontinenza si realizza.

Capita che i genitori trovandosi in situazioni in cui l’evento è ripetuto nel tempo si sentano scoraggiati e non sanno come gestire la situazione. Allora qual è il primo passo da fare? Consultare il proprio pediatra il quale richiederà una serie di esami e dal quale esito sarà opportuno scegliere la tipologia di intervento (farmacologico o educativo-comportamentale).

L’approccio adeguato richiede il coinvolgimento di tutto il nucleo familiare. Il più delle volte l’enuresi è la manifestazione involontaria di un disagio ed è considerata una condizione multifattoriale:

• Insufficiente maturità affettiva,

• Un modo di scaricare le tensioni emotive

• Ricerca di attenzioni

• Nascita di un fratellino

• Dipendenza dall'adulto

• Insicurezza

• Contrasti familiari

• Desiderio di prolungare l'esperienza dell'infanzia attirando le cure dei genitori

• Cattivo equilibrio fra i genitori e tensioni familiari che rendono più difficile la maturazione o l’evoluzione affettiva

• Le disarmonie con l’ambiente

• Convinzione o meno di poter autocontrollare il sintomo

Il problema di fare la pipì a letto non si risolve in breve tempo, così sia per il bambino che per i genitori la tensione si accumula. Per la maggior parte dei genitori, l’enuresi notturna del proprio figlio significa notti interrotte, lavaggi extra, stanchezza, irritabilità, qualcuno collega il disagio come una debolezza del bambino. Arrabbiarsi oltre che a non risolvere la situazione, ha un’influenza negativa sul bimbo anche perché è fondamentale che i genitori tengano a mente la normalità del disturbo. Compito fondamentale del Pedagogista Clinico è quello di mettere i genitori in condizione di poter aiutare i propri figli applicando delle strategie orientate alla risoluzione e intervenire concretamente sul bambino.

Il fenomeno dell’enuresi interessa anche l’autostima del bambino poiché vergognandosi perde la propria sicurezza come per esempio per un bambino di 7 anni andare in gita per un paio di giorni o dormire a casa di un amico è un’esperienza ricreativa e divertente ma non per chi ancora bagna il letto diventa un momento di tensione. Ricordiamoci che i bambini non esprimono, come può fare un adulto, il disagio con le parole, lo fanno invece attraverso sintomi, comportamenti, reazioni emotive.

E’ importante individuare complessivamente i bisogni per poter impostare un intervento di aiuto globale ed efficace. Il Pedagogista Clinico potrà utilizzare diversi Metodi e Tecniche propri della sua professione, stimoli di varia natura che aiutino il bambino e la famiglia a ritrovare l’armonia e il benessere attraverso esperienze corporee, grafico-pittoriche, fiabe, creatività spontanea, la disponibilità al contatto, il rilassamento, lavorando sulla fiducia in se stesso, sull'autostima e sulle capacità relazionali.

Conflitti tra fratelli...Perché accadono e come gestirli?

La gelosia è quello “stato emotivo di dubbio e di tormentosa ansia di chi, con o senza giustificato motivo, teme che la persona amata gli sia insidiata da un rivale”. Il termine deriva latino Zelosus, dal greco Zelotòs e significa emulo, rivale. Si è gelosi quando non ci si sente all’altezza di qualcuno che credevamo pari a noi, oppure si può pensare alla gelosia come possessività quando questa è dettata dal desiderio di custodire qualcosa perché ci fa sentire sicuri e protetti. La gelosia è spesso la causa di liti. Il litigio nei bambini è una fase fondamentale per la loro crescita sociale, cognitiva, emotiva.

Spesso gli adulti credono che bloccare rapidamente il litigio aiuti i bambini nella gestione del conflitto, invece si rischia di privare il bambino di un’esperienza che sta alla base della COMPETENZA SOCIALE ovvero "il livello di expertise raggiunto nell'uso di un insieme di abilità relazionali che favoriscono la buona relazione e interazione con gli altri”(op.cit). Questa competenza implica una serie di abilità come la comunicazione, l’espressione del sé, imparare a relazionarsi agli altri e alla quale sono solitamente assegnate alcune caratteristiche:

La Gradualità: perché procede per fasi e continua nel tempo. 

Le Conoscenze: che sono acquisite attraverso l’apprendimento.

Le Abilità: cognitive e pratiche come il pensiero logico, creativo e intuitivo e l'abilità manuale e l'uso di metodi, strumenti, la risoluzione dei problemi.

Le Capacità: l'applicazione dopo l’esercizio, il mettere in pratica.

Se, dunque, la competenza sociale è la capacità che ognuno di noi ha nel modulare il comportamento e la comunicazione in modo adeguato ai propri scopi, ecco il motivo per cui litigare per i bambini è importante! Si litiga in casa tra fratelli, tra compagni in classe, tra membri della stessa squadra di calcio, tra compagne di danza, si litiga per pretesti futili come un giocattolo sottratto, perché l’ho detto prima io, per la gara a chi deve lavarsi per primo i denti, perché ci si contende l’amore di mamma e papà. Il bambino in tutte queste circostanze sente la necessità di sentirsi rassicurato e al sicuro.

Quando tra fratelli c’è una differenza d’età (18 mesi - 36 mesi) la probabilità del conflitto è più alta, se invece la differenza di età supera i 4 anni il margine di conflitto è più ridotto banalmente perché tra loro necessità, interessi e attività sono diverse. Cari genitori è, dunque, invitabile sottrarsi ai litigi dei vostri figli…E allora come si fa? prima cosa è sempre importante aiutarli a trovare una soluzione e non un colpevole! Ecco Alcune strategie utili:

- No alle punizioni fisiche: I genitori sono per i bambini i MODELLI da seguire, quindi sta agli adulti dare l’esempio, perché ne trarrebbero solo l’insegnamento che vince il più forte e che le situazioni si risolvono arrivando alle mani.

- Lasciate che i bambini risolvano da soli le loro questioni (tranne il caso in cui siano arrivati pesantemente alle mani).

- Osservate e non schieratevi per l’uno o l’altro… si rischierebbe di gettare le basi per un pretesto successivo.

- Stabilite delle regole su ciò che è permesso e vietato quando si litiga, per esempio “ Non si alzano le mani”, “no alle parolacce”.

- Se non eravate presenti al momento del litigio è meglio evitare di prendere le parti di uno dei due. Può essere però positiva una comunicazione riflessiva: “Non è importante chi ha cominciato, la regola in famiglia è che non ci si picchia”.

- Se il pretesto del litigio è un oggetto e i bambini non sono arrivati a una soluzione, potreste sottrarlo “poiché non siete riusciti a condividere senza litigare, lo prendo e ci riproverete un altro momento.”

- Aiutate i bambini a trovare una soluzione con frasi come “, sono dispiaciuta/o per il litigio che avete avuto ma sono certa sarete bravi a risolvere da soli questa difficoltà”. In questo modo aiutate i bambini a sentirsi compresi.

 - Non confrontate i bambini ma valorizzatene le loro qualità e non principalmente i difetti.

- Abituate i bambini piccoli a trovare una soluzione, per esempio “fai giocare anche un po’ tua sorella adesso” ed evitare frasi come: “lascialo stare! tu sei più grande”.

- Incoraggiate i vostri bambini alle relazioni, allo sport... questo porterà a una consapevolezza di chi sono e come si relazionano agli altri.

E Se i bambini non riescono a risolvere la questione in autonomia, quindi sono arrivati alle mani? allora sarebbe bene intervenire per dividerli per un tempo di pochi minuti.

…LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA…

Una volta calmati i bambini potranno parlare e ognuno potrà esprimere il proprio punto di vista, spiegandone le ragioni. Il genitore ascolterà dal punto di vista di chi sta parlando, tentando di verbalizzare le emozioni del bambino, intervenendo per esempio “mi dispiace! Ti sarai sentito molto infuriato quando”...a questo punto i bambini potrebbero esprimere i desideri e una soluzione. Si accetteranno le soluzioni condivise! Litigare con i fratelli, dunque, rappresenta una palestra alla vita, i bambini litigando e riappacificandosi, chiedendo scusa, riflettendo insieme ai grandi sul comportamento imparano il rispetto verso gli altri per esempio, per questo è importante che i genitori siano presenti nel dare gli strumenti giusti e non direttamente la soluzione anche in queste situazioni!

Ricordiamoci che è fondamentale che un genitore si relazioni a ogni figlio tenendo in considerazione le caratteristiche e la personalità di ognuno, trascorrendo del tempo sia individuale che collettivo con loro. La gelosia nei bambini è la paura di non piacere, tocca a mamma e papà incentivare la fiducia nelle loro capacità attraverso l’elogio e l’apprezzamento delle qualità!

La fiaba: un'importante strumento educativo

“C’era una volta…” un’espressione che ci riporta all’infanzia…Chi, da bambini, non ha mai letto o udito una fiaba? La fiaba deve la sua longevità alla divulgazione orale tra le generazioni. In Europa la prima raccolta scritta fu “Lo Cunto de li Cunti overo lo trattenemiento de' Peccerille” chiamato Pentamerone (1634-1636) di Giambattista Basile, pubblicato postumo dalla sorella. Nel Pentamerone dieci anziane raccontano, in dialetto napoletano, cinquanta fiabe. Al 1696 risalgono I racconti di mamma l’Oca di Charles Perrault che poi trascriverà anche Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Pollicino, La bella addormentata nel bosco e Il gatto con gli stivali. L’800 sarà il secolo che vede i fratelli Grimm impegnati a pubblicare un’importante raccolta di fiabe, riconosciuta nel 2005 dall’UNESCO “patrimonio dell’Umanità”. Sempre nell’800, Il danese Hans Christian Andersen (1805-1875), scriverà La Sirenetta, Il brutto anatroccolo e Il soldatino di stagno.

Nel 1956 il genere della fiaba contagerà scrittori quali Italo Calvino che pubblica le Fiabe italiane, racconti fiabeschi dalle varie province d’Italia e da lui tradotte dal dialetto all’italiano. Freud sosteneva che sogni e fiabe sono collegate al mondo interiore degli esseri umani. Il bambino crescendo trova nelle fiabe la soluzione liberatoria dalle proprie paure o desideri. Ma Cos’è la fiaba? Ha un valore pedagogico - educativo? Quanto è importante Il tempo che un adulto dedica alla lettura di una fiaba al bambino?

Il termine fiaba deriva dal latino volgare flāba da fabŭla ed è un racconto fantastico di origine popolare, caratterizzata da racconti brevi e incentrati su vicende e personaggi fantastici. Secondo Guido Petter, psicologo e psicopedagogista, raccontare fiabe ai bambini dovrebbe essere un elemento spontaneo per genitori, fratelli, insegnanti, nonni nell’educazione dei bambini.

Vediamo perché le fiabe sono importanti:

 - Dai 2 anni i bambini sviluppano il piacere di sentire narrare una storia che a 6 anni si evolve ulteriormente con la lettura autonoma

 - Secondo lo psicologo Bruner ascoltare le favole sviluppa il “pensiero narrativo”, che concorre allo sviluppo del pensiero razionale e del pensiero fantastico "il racconto è una forma convenzionale che viene trasmessa culturalmente, è il mezzo attraverso cui costruiamo la nostra realtà e stabiliamo il nostro rapporto con gli altri.

- La fiaba aiuta all’acquisizione di elementi logici, sequenze temporali, causa-effetto, e fantastici.

- Le fiabe Partecipano allo sviluppo psicologico dei bambini in diverse aree: linguaggio, emotività/affettività, socialità.

-la fiaba Aiuta l’Acquisizione di nuovi vocaboli nonché a potenziare la concentrazione e l’attenzione.

- Contribuisce allo sviluppo emotivo/affettivo in quanto il bambino si affeziona ai personaggi, si immedesima nelle loro emozioni di conseguenza imparano a riconoscere le loro emozioni e a dare un nome.

- Attraverso le fiabe i bambini apprendono nuovi schemi di comportamento e nuove modalità di risoluzione alle difficoltà. Negli anni ‘70 ci si è interrogati sul fatto che in qualche modo alcune fiabe possano traumatizzare i bambini poiché contengono alcune immagini come la strega, l’orco, il lupo cattivo… In realtà il fatto che il bambino possa vivere determinate emozioni protetto dalla presenza del genitore/ lettore senza esserne il personaggio diretto, fa in modo che il bambino elabori le emozioni autonomamente.

- La fiaba ha un valore educativo-relazionale, aiuta il bambino a conoscere le relazione positive (collaborazione, aiuto, essere solidali), o negative, (menzogna, gelosia, imbrogli), e inizia a constatare le conseguenze. Il lieto fine della storia e la soluzione al problema iniziale insegnano anche quanto sia fondamentale impegnarsi per ottenere ciò che si vuole raggiungere.

- La fiaba rafforza l'interazione con i genitori, una sorta di rituale affettivo che da sicurezza al bambino oltre che il buon esempio quale il tramandare ai figli l’abitudine alla lettura.

Le fiabe parlano il linguaggio della fantasia, cioè quello del bambino, lo mettono di fronte alle preoccupazioni dell’uomo (la necessità di sentirsi amati, la paura di essere inadatti, l’angoscia della separazione, la morte …), con un linguaggio semplice e chiaro esprimendo la simbologia del conflitto interiore (la sfida, il cammino, gli ostacoli da superare, le disavventure, sconfiggere i cattivi ) e ne danno alla fine la soluzione.

Durante la lettura della fiaba un ruolo fondamentale lo svolge chi legge o racconta poiché è riconosciuto dal bambino come una persona disponibile e presente e grazie al tono di voce familiare e all’affetto che in esso si manifesta, il bambino impara a riconoscere termini, nomi, verbi. La voce di chi racconta, fornisce al bambino sensazioni ed emozioni in continuo cambiamento.

Avere la buona abitudine di leggere una fiaba ai bambini durante il giorno o prima di andare a letto è un passo importante per supportarlo nella lunga e infinita conoscenza del suo mondo interiore!

 

E' pronto a tavola! Come rendere il pasto un momento sereno e di condivisione

La relazione tra essere umano e il cibo non è risolubile con il concetto che si “mangia per crescere”. L’azione di cibarsi è il prodotto di una cooperazione tra molti fattori, principalmente di matrice affettivo- relazionale. Tutto ha inizio nel rapporto che si instaura tra neonato ed il cibo attraverso la relazione con la madre. il concetto Winnicottiano di “base sicura” qual è la mamma, c’è il piacere del cibarsi dove l’odore del corpo materno, il battito del suo cuore, il contatto, ne fanno da cornice. In questa simbiosi c’è l’essenza del legame in cui la mamma inizia ad accompagnare il suo piccolo verso l’autonomia (la suzione spontanea, i ritmi ) e in cui i genitori imparano ad ascoltare e riconoscere i segnali che il bambino invia. Questa relazione con il tempo si palesa nel rapporto che il bambino instaura con il cibo, nel rituale dello stare a tavola, se mangia in autonomia, se fa capricci, se il mo-mento del pasto è un disastro e cosi via...

Capita spesso sentire un genitore dire: “quanta fatica far mangiare le verdure, oppure: “il momento del pasto diventa stremante, mi tocca rincorrerlo per imboccarlo” o ancora “provo a cucinare una pietanza alternativa pur di non mandarlo a letto digiuno” o “non sta seduto a tavola”… Gestire i capricci in modo sereno, in particolar modo a tavola, è una delle cose più complicate per genitori; spesso si perde la pazienza o ci si fa sopraffare dalla paura che nel bambino ci sia qualcosa che non va. Cerchiamo di fare chiarezza su alcuni punti. Primo approccio è capire se il rapporto/ capricci del nostro bambino a tavola con il cibo è stato sempre problematico o se è relativo a un particolare momento della vita (inizio scuola, nascita sorellina/fratellino, separazione dei genitori, inserimento in asilo…).

Nel caso di una situazione temporanea è importante rassicurare il bambino, ritagliare spazi per lui, e mantenere le sue abitudini per aiutarlo a sentirsi più sicuro (orario pasti, nanna ecc..). Altro punto importante è tenere a mente che i bambini hanno bisogno di sentirsi compresi, per esempio se i genitori durante un momento di crisi del bambino si fanno sopraffare da irritazione, frustrazione e tensione, trasmetteranno al bambino insicurezza e provocheranno comportamenti ancora più "problematici". Con l’approccio comprensivo, il bambino impara a riconoscere le proprie emozioni e pian piano, crescendo, riuscirà a gestirle (pianti e capricci fanno parte della normale crescita del bambino, è un modo di comunicare con gli adulti, di esprimere le emozioni, paure).

Da dove si inizia? Come rendere il pasto un momento tranquillo e sereno di condivisione? I genitori sono per i bambini i MODELLI da seguire, quindi sta a noi adulti dare l’esempio. La fase che porta all’autonomia a tavola è lo svezzamento, il passaggio al 6° mese di vita dai cibi liquidi a quelli solidi, questo passaggio deve avvenire con serenità e naturalezza incoraggiando il bambino all’autonomia, alla curiosità verso nuovi cibi, all’esplorazione del cibo.

LE REGOLE E I RITMI DELLO STARE A TAVOLA

Dallo svezzamento inizia per i genitori l'avventura dell’educazione del bambino a tavola. I bambini hanno bisogno di confini chiari all'interno dei quali sentirsi al sicuro. Anche durante il pasto le regole ne fanno da padrone. Partendo dal presupposto che i bambini si sentono sicuri davanti alla coerenza dei genitori, c'è da considerare anche che sarebbe impensabile pretendere da loro che rimangano seduti tutto il tempo del pasto soprattutto se piccoli, si rischierebbe che il momento di condivisione diventi per loro “imposizione“. Come comportarsi allora? Potrebbe essere utile che i bambini prendano l’abitudine, oltre a stare a tavola seduti composti, di chiedere ai genitori il permesso di alzarsi una volta terminata la loro cena… questo non avverrà in un batter d’occhio...è giusto lasciar loro il tempo perché si abituino al mutamento e di mangiare come i grandi.

Un altro momento da non sottovalutare è la preparazione delle pietanze, ancor di più tutto ciò che emotivamente lo anticipa, gli stati d’animo, la giornata in generale che si conciliano in un unico momento di condivisione: il pasto. Ogni bambino è diverso e ogni famiglia, per questioni lavorative o culturali, ha esigenze e ritmi diversi. Rispettando ciò, è importante che i bambini abbiano chiaro sia il modello di riferimento che le prime regole.

Alcuni spunti da cui partire:

- EDUCARE ALLA CONSAPEVOLEZZA: La preparazione della tavola, dei piatti, creare un’atmosfera di collaborazione. Il bambino in questo rituale assimila che c’è un tempo e un ordine per ogni cosa. Un consiglio potrebbe essere anche quello di evitare, durante la preparazione e la cena di affrontare problematiche lavorative sorte durante la giornata. Consapevolezza significa anche ricordare al bambino di lavarsi le mani prima di sedersi a tavola, aspettare che tutti siano seduti prima di iniziare a mangiare.

- LE PAROLINE MAGICHE: Grazie, prego, per favore, dare ai bambini il buon esempio anche durante il pasto è molto significativo, è un’abitudine che farà loro compagnia per sempre, perché trattare gli altri con rispetto vuol dire rispettare se stessi, costruire la propria persona su una base sociale, la reciprocità e la cooperazione.

- EVITARE PUNIZIONI o rimproveri o ancora costrizioni se non vuole mangiare, si rischia di ricevere ancora di più una chiusura.

- EVITARE LE DISTRAZIONI: Se il bambino mangia mentre gioca con il tablet, lo smartphone o guarda la tv, non si concentra su quello che fa.

- GLI ORARI: Evitare che il bambino mangi oltre gli orari prestabiliti, il rischio è quello di arrivare al momento del pasto senza avere fame. È importante fare consumare il pasto con calma e variare i cibi nel sapore e nell’aspetto, incentivare l’appetito con attività che stimolino naturalmente l’appetito come lo sport, le passeggiate, giocare all’aria aperta, attività creative e ricreative in generale.

- EVITARE ACCORDI O TRATTATIVE: Non impiegare il cibo come merce di scambio, in caso contrario il bambino imparerà a utilizzarlo per regolare i rapporti interpersonali e per ottenere affetto.

- EVITARE MENU’ A’ LA CARTE: E’ preferibile non chiedere al bambino cosa preferisce mangiare poiché la scelta (tranne in caso di cibi che proprio non ama) lo rende incerto e insicuro e può far diventare ancora più stressante il pasto.

Le emozioni e le abitudini dei genitori influiscono sul rapporto che il bambino instaura con il cibo. I bambini sono influenzati dall’atteggiamento che noi adulti abbiamo verso il cibo, come lo descriviamo, le nostre emozioni sul rapporto che bambino ha instaurato con il cibo (ansia o tranquillità se non mangia, fermezza o rabbia se fa i capricci...). L'ansia dei genitori durante il pasto condiziona molto la risposta del bambino, più legata al clima emotivo che si crea a tavola piuttosto che alla pietanza presentata! Provare ad allontanare ansia e preoccupazione permette ai genitori di vedere con più lucidità la situazione, e al bambino di vivere con più serenità il pasto.

Anche le regole, pian piano, vengono assimilate se hanno degli esempi da seguire. I bambini osservano tutto, per questo motivo quello che l’adulto “predica” deve essere accompagnato da un gesto simbolico: se un genitore dà un consiglio ma poi si comporta in modo opposto il bambino darà più importanza a ciò che vede fare piuttosto che a quello che gli viene detto. Quando si educa con gli esempi, non bisogna dimenticare che è possibile e lecito sbagliare anche per i genitori, l’importante è riconoscere i propri errori e spiegare ai figli cosa di positivo si può trarre da questi.

L'educazione, in conclusione, è sinonimo di organizzazione, non si può improvvisare! Servono regole “A tavola si mangia seduti” ma non imposizioni “Stai seduto!”.

Lo scrittore statunitense H. Jackson Brown scriveva: “Vivi in modo tale che, quando i tuoi figli pensino alla giustizia, all’affetto e all’integrità, pensino a te.”

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"Trattate le persone come se fossero ciò che dovrebbero essere e aiutatele a diventare ciò che sono capaci di essere" 

W. Von Goethe

Pedagogia Clinica Conegliano - Dott.ssa Sara Cundari - Studio Pedagogico "Paideia"